La Sicilia de Il Gattopardo
E’ qui che Don Fabrizio, sua moglie Stella e i sette figli apprendono dell’avvenuto sbarco dei piemontesi in Sicilia a cui fa seguito la decisione di Garibaldi di conquistare Palermo che divenne campo di battaglia per giorni, con diverse centinaia di morti e di feriti fra la popolazione. Le riprese della battaglia fra l’esercito borbonico e le camicie rosse di Garibaldi furono ambientate nel quartiere della Kalsa con alcune ricostruzioni come la Porta in cui fecero irruzione gli invasori.
Anche per la residenza estiva dei Salina viene scelta una location diversa da quella del racconto: il Castello di Donnafugata non si prestava infatti a essere un set ideale per Visconti, a differenza di altri registi che lo scelsero anni dopo per opere prestigiose come Il Racconto dei Racconti di Matteo Garrone.
Il regista de Il Gattopardo decise di ambientare tutto a Cimmina, paesino a circa 40 chilometri da Palermo, dove si innamorò della Chiesa Madre, la Chiesa di Santa Maria Maddalena e del paesaggio circostante.
Mario Garbuglia, lo scenografo del film a cui venne affidata la ricostruzione di tutti gli ambienti interni ed esterni, così ricorda il lavoro a Cimmina:
Il paese era stato scelto perché la sua piazza, con la Chiesa in fondo, corrispondeva quasi in tutto a quella dell’immaginaria Donnafugata, quel quasi sta per l’assenza di un piccolo particolare: mancava infatti il Palazzo del principe di Salina. E il Palazzo l’abbiamo fatto noi.
Inoltre, l’opera viscontiana ha usufruito per gli esterni di luoghi palermitani importanti, come piazza San Giovanni Decollato, piazza della Vittoria allo Spasimo, piazza Sant’Euno e piazza della Marina.
Unica eccezione alla scelta di girare in location della Sicilia è stata fatta per le riprese dell’interno del palazzo di Donnafugata che si svolsero nelle sale di palazzo Chigi ad Ariccia che consentivano ambienti più adatti soprattutto per le scene dell’inseguimento tra Tancredi e Angelica.
Per la mitica scena del ballo finale Visconti trasse ispirazione dalla magnificenza di Palazzo Gangi il cui stato di manutenzione era ottimale e fu ben arredato col contributo degli arredatori Hercolani e di Gioacchino Lanza di Mazzarino, figlio adottivo del romanziere Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che mise al servizio della produzione le preziose collezioni di palazzo Marino: mobili, arazzi, suppellettili. Per l’occasione furono anche ritoccati alcuni elementi già esistenti che risultavano essere troppo anacronistici, come il termosifone della camera da bagno degli uomini, mentre altri furono spostati come varie statue ed ornamenti.