La pelle dell’orso
Anno: 2016
Regia: Marco Segato
Sceneggiatura: Enzo Monteleone, Marco Paolini, Marco Segato
Protagonisti principali: Marco Paolini, Leonardo Mason, Lucia Mascino, Paolo Pierobon
Produzione: Jolefilm con Rai Cinema
La pelle dell’orso, ispirato all’omonimo romanzo di Matteo Righetto (edizione Guanda), è un’avvincente racconto ambientato negli anni Cinquanta in paesino sperduto della Val Zoldana. Pietro e Domenico, padre e figlio adolescente, vivono un’esperienza indimenticabile nello splendido scenario delle Dolomiti. Domenico decide di raggiungere il padre nella missione di uccidere el diaol, l’orso terribile che minaccia la serenità del villaggio. Il percorso di caccia sarà per entrambi un’occasione di incontro e conoscenza dopo anni di incomprensioni e silenzi; i due protagonisti riusciranno infatti a recuperare un rapporto difficile e doloroso superando ostacoli e difficoltà che la montagna pone loro di fronte, regalando però un’opportunità di riscatto.
Una fiaba nera ancorata alla realtà, dove il realismo della vicenda viene spinto al limite fino a sfiorare il fantastico. Come per l’orso, elemento quasi soprannaturale, che nella storia incarna tutte le paure più ancestrali. Il bosco quindi è il luogo centrale dello scontro / incontro tra padre e figlio, tra Domenico e el Diàol. Qui è la natura a imporre le proprie regole e gli uomini sono costretti a rispettarle. (Marco Segato, regista e documentarista)
Il paesino che fa da scenario alla trama del film è Forno di Zoldo, stazione climatica della Val di Zoldo (in provincia di Belluno) situata a 840 metri di altitudine e il cui nome ricorda l’attività mineraria e quindi l’esistenza dei forni per la fusione del ferro su cui si reggeva l’economia di tutto il territorio. Già all’inizio del film c’è una veduta di questa valle e dei suoi borghi: il corteo carnevalesco di maschere grottesche sfila attraverso le tortuose viuzze, Pietro cerca di evitare i sassi lanciati dai ragazzi e la derisione di una popolazione chiusa nelle sue tradizioni e folklore.
La giornata prosegue con il raduno degli abitanti attorno al falò.
E’ notte, mentre è in atto una sfida a centrare a fucilate la testa di cervo posta sopra la montagna di legna infuocata, Pietro si riposa, seduto e assorto nei suoi pensieri e nella sua solitudine. Finalmente Pietro può togliersi la maschera ma nulla cambia per la sua condizione da emarginato nella comunità di residenza.
I compaesani sono persone semplici che cercano di sopravvivere dopo il periodo duro del dopoguerra. Sono circondati da un contesto ambientale meraviglioso ma nei confronti del quale si sentono anche minacciati perché la natura è vulnerabile. Anche Pietro non è rassicurante per loro, tutt’altro. Il suo passato oscuro, con qualche anno di carcere e una moglie morta in circostanze poco chiare lo rendono pericoloso, da tenere lontano.
Questa diffidenza è un carico troppo gravoso da sopportare per Pietro che reagisce diventando una persona scontrosa e incline al vizio del bere.
Pietro vive con suo figlio Domenico e lavora nella cava di pietra di Crepaz. Il rapporto con i suoi colleghi non è buono, anche sul lavoro l’uomo è considerato un fallito e viene spesso deriso, questa situazione lo fa sprofondare in uno stato di depressione.
Ma arriva il giorno in cui Pietro potrà cogliere l’occasione per dimostrare a sé stesso e agli altri di valere, offrendosi come volontario per catturare l’orso che si aggira nei dintorni del paese gettando la comunità in uno stato di terrore. Crepaz offre a Pietro una ricompensa in denaro se riuscirà a portargli la pelle del diaol.